Ho iniziato questo mio taccuino nel 2019 quando ho sentito l’esigenza di registrare alcune annotazioni intime e rapide. Avevo bisogno di raccogliere idee, osservazioni, studi che mi nutrissero in questa prima Bottega Informale iniziata a frequentare.
Da subito la mia pittura non è venuta dal cavalletto, né dal pennello. Ho cominciato infatti a dipingere senza schemi predefiniti e basando sull’ispirazione del momento liberi densi strati di colore rugosi ed irregolari, stesi con gesti veloci e istintivi. Ho poi collegato il corpo del colore a materia tattile eterogenea – povera, di recupero, logorata dal tempo e dall’uso – modulando nello stesso spazio velature e grosse congregazioni materiche che, in taluni punti, riemergono quasi a dilatare la superficie della tela.
La mia performance si consuma veloce con l’asciugatura del colore acrilico. Nel mio agire mi sento libero di accumulare per poi incidere, graffiare, tagliare, bruciare, ferire, bucare la materia, esplorando solo intrecci, inciampi, collisioni di senso e di segni. Da qui spazi e atmosfere immateriali al di là di forme riconoscibili.
Nella creazione di questo indecifrabile alfabeto visivo -di straordinaria libertà e scioltezza esecutiva- acquista per me un’importanza primaria la consistenza fisica del lavoro e la corporeità della luce, i cui valori espressivi ed estetici sono rappresentati dai colori e dalla materia utilizzati.
Si presenta così, in primo piano, un corpo tattile-visivo svuotato da ogni residuo formale che porta su di sé il segno del tempo, come se avesse percorso un lungo viaggio indefinibile.
Da subito la mia pittura non è venuta dal cavalletto, né dal pennello. Ho cominciato infatti a dipingere senza schemi predefiniti e basando sull’ispirazione del momento liberi densi strati di colore rugosi ed irregolari, stesi con gesti veloci e istintivi. Ho poi collegato il corpo del colore a materia tattile eterogenea – povera, di recupero, logorata dal tempo e dall’uso – modulando nello stesso spazio velature e grosse congregazioni materiche che, in taluni punti, riemergono quasi a dilatare la superficie della tela.
La mia performance si consuma veloce con l’asciugatura del colore acrilico. Nel mio agire mi sento libero di accumulare per poi incidere, graffiare, tagliare, bruciare, ferire, bucare la materia, esplorando solo intrecci, inciampi, collisioni di senso e di segni. Da qui spazi e atmosfere immateriali al di là di forme riconoscibili.
Nella creazione di questo indecifrabile alfabeto visivo -di straordinaria libertà e scioltezza esecutiva- acquista per me un’importanza primaria la consistenza fisica del lavoro e la corporeità della luce, i cui valori espressivi ed estetici sono rappresentati dai colori e dalla materia utilizzati.
Si presenta così, in primo piano, un corpo tattile-visivo svuotato da ogni residuo formale che porta su di sé il segno del tempo, come se avesse percorso un lungo viaggio indefinibile.
Realtà completamente autonoma, autosufficiente, libera e priva di riferimenti storici o sociali, nel cui attraversamento-confronto-incontro ciascuno può al limite seguire il soffio di sé stesso in contenitori aperti e imprevisti a disposizione di chi vuole interloquire, interrogarsi, inquietarsi insieme a me sul senso della vita, rinnovando ad ogni evento la contemporaneità della pittura.
Fin qui uno spazio pittorico nel “farsi” che ha come comune denominatore la fisicità e la corporeità. Più avanti ho cominciato a considerare l’apporto fisico della natura per completare l’opera, esponendola al vento, alla pioggia e al sole, per ri-unire cultura a natura, vita e storia.
I titoli dei lavori tentano di rintracciano una traccia invisibile delle ragioni della psiche e, in particolar modo, delle espressioni interiori. Rileggendoli emerge una toponomastica storica dell’anima.
Fin qui uno spazio pittorico nel “farsi” che ha come comune denominatore la fisicità e la corporeità. Più avanti ho cominciato a considerare l’apporto fisico della natura per completare l’opera, esponendola al vento, alla pioggia e al sole, per ri-unire cultura a natura, vita e storia.
I titoli dei lavori tentano di rintracciano una traccia invisibile delle ragioni della psiche e, in particolar modo, delle espressioni interiori. Rileggendoli emerge una toponomastica storica dell’anima.