Le idee di spazio e di tempo hanno un posto preminente nella nostra mappa della realtà. Servono a ordinare cose ed eventi nel nostro ambiente e sono quindi di capitale importanza non solo nella vita quotidiana, ma anche nei nostri tentativi di comprendere la natura. Ogni volta che cerchiamo di raffigurarci una rappresentazione del reale, non possiamo fare a meno di questi due concetti.
Superata la scadenza del secolo e del millennio, si può tracciare una linea che rappresenta la somma di una lunga storia. Soprattutto il XX Secolo ha segnato la “crescita del corso scientifico e tecnologico con una progressione esponenziale. Sono cambiate radicalmente le nozioni di spazio e di tempo, siamo entrati in una nuova dimensione spinti dall’immaginazione e dall’ingegno umano.
All’inizio del secolo scorso, infatti, una profonda rivoluzione fa crollare i paradigmi su cui si fondava la classica concezione dello spazio e del tempo, che dalla scienza all’arte erano stati visti sempre come due entità assolute, immutabili, e separate l’una dall’altra. Questa vecchia credenza faceva supporre che fosse possibile dare una descrizione completamente oggettiva della realtà, cioè senza tenere mai conto dell’osservatore umano. Si trattava di una visione decisamente deterministica, che presupponeva una fondamentale divisione tra l’Io e il mondo: fissati lo spazio e il tempo, ogni cosa era quello che era e continuava a permanere nello stesso stato, indipendentemente da chi la osservava e da come la si osservava.
Lo spirito rivoluzionario di inizio Novecento sferra un duro colpo a questo sistema, evidenziandone i limiti, e mette sotto gli occhi di tutti la natura relativistica dello spazio e del tempo, secondo cui non esistono verità assolute, ma tanti frammenti di verità relativi al sistema di riferimento in cui si osservano le cose. Si tratta di un evento unico nell’arco di tutto il percorso conoscitivo dell’uomo perché mina alla base le fondamenta della vecchia concezione del mondo, facendo crollare tutte le certezze che sino a quel momento si riteneva di possedere. Partendo dalla scienza, l’intero fenomeno influenza poi molteplici aree culturali, ciascuna delle quali lo comunica secondo il proprio linguaggio.
Il pioniere di questa nuova visione della realtà è stato senza dubbio Albert Einstein, che nel 1905 pubblica la sua Teoria della Relatività Ristretta, unificando la meccanica e l’elettromagnetismo in una struttura comune. Prima dell’avvento di Einstein, infatti, tutta la scienza era sorretta graniticamente dalla meccanica newtoniana, che venne considerata per lungo tempo la teoria definitiva con la quale era possibile descrivere tutti i fenomeni naturali.
Lo scenario dell’universo newtoniano in cui avvenivano tutti i fenomeni fisici era lo spazio tridimensionale della geometria euclidea classica: uno spazio assoluto, sempre immobile e immutabile. Tutti i cambiamenti che si verificano nel mondo fisico erano descritti in funzione di una dimensione separata, chiamata tempo, anch’essa assoluta, che non aveva alcun legame con il mondo materiale e che fluiva uniformemente dal passato al futuro, attraverso il presente. Verso la fine dell’Ottocento, però, la scoperta dei fenomeni elettrici e magnetici rese evidenti i limiti del sistema newtoniano, e mostrò che nessuno dei suoi aspetti aveva validità assoluta.
La relatività einsteniana ha dimostrato che tutte le misure in cui entrano lo spazio e il tempo perdono il loro significato assoluto. Non esiste uno spazio tridimensionale e il tempo non è un’entità separata. Entrambi sono profondamente e inseparabilmente connessi e formano un continuum quadridimensionale, chiamato spazio-tempo. Tutti gli effetti relativistici ci appaiono paradossali solo perché con i nostri sensi non possiamo fare alcuna esperienza diretta del mondo quadridimensionale dello spazio-tempo, ma possiamo osservarne soltanto le “immagini” tridimensionali, che appaiono diverse in sistemi di riferimento diversi. Lo spazio e il tempo sono soltanto elementi di un linguaggio che viene usato da un osservatore per descrivere i fenomeni dal proprio punto di vista, per cui ciascun osservatore descriverà quei fenomeni in modo diverso. Al centro della relatività, c’è quindi il riconoscimento che la geometria non è qualcosa di inerente alla natura, ma è una costruzione della nostra mente, di conseguenza l’idea stessa di una realtà oggettiva perde completamente di significato.
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