2023 – Nel corso di un eclettico percorso artistico, ho processato, all’insegna della mescidanza, la fragile condizione della realtà umana. La pratica della pittura e della scultura soprattutto, mi ha disvelato territori fisici e mentali al di fuori dei confini convenzionali, permettendomi di disimparare, ricomprendere le emozioni, le scelte e le tensioni che caratterizzano la percezione e il comportamento nella vita quotidiana.
Da queste evidenze sperimentali e osservative ho fatto una preziosa scoperta: la vulnerabilità-e-il-corpo in-uno, radicato nella storia delle società umane nel corso dei millenni, ciononostante la rivoluzione digitale con il capitolo tutto da scrivere sull’intelligenza artificiale e il metaverso, si è confermato fondamentale struttura antropologica anche nella contemporaneità dell’infosfera definita dal filosofo Luciano Floridi. Questa riflessione ha segnato non solo la prospettiva formale ed estetica, ma ha anche avuto su di me un profondo impatto a livello filosofico, etico e politico.
Altro aspetto ma confluente. Le grandi esposizioni internazionali d’arte contemporanea stanno conoscendo un crescente uso dell’arte come entità astratta separata dalla realtà. L’arte sembra essere sempre più confinata solo in spazi ideologici codificati come musei, fiere e gallerie. Claudio Parmiggiani, tra gli artisti con voce internazionale, ha sollevato un’interessante domanda: Cosa si può costruire oggi in arte, a partire dall’ottimismo offensivo, modaiolo e festaiolo di un mondo dell’arte al borotalco che, mentre tutto brucia, ci indica Disneyland come prospettiva?
Personalmente, come risposta alla drammatica situazione attuale, ho sentito la necessità di re-agire artisticamente sfuggendo dagli spazi anestetici predefiniti che relegano l’arte ai margini e ho provato a mettere al mondo il mondo, come affermava Alighiero Boetti. Lavoro per riabilitare le “cattedrali contemporanee della vulnerabilità” che includono ex carceri-ospedali-mattatoi-caserme-chiese-fabbriche-scuole…e altri luoghi in stato di grave abbandono. La mia ricerca in questi spazi mira a creare un ambiente esperienziale potenziale, uno spazio meditativo caratterizzato da una nudità cristallina, al fine di recuperare una dimensione rituale aperta all’altro, in cui artisti e partecipanti possono immergersi per ascoltare le vibrazioni degli elementi preesistenti insieme alla sensibilità e all’energia degli Organismi Artistici Comunicanti (OAC) che ho sviluppato nel corso degli anni. Gli spazi espositivi diventano così luoghi in cui si sviluppa un processo di relazioni senza uguali che può rivelare un lessico condiviso.
Ho chiamato questi dispositivi Organismi Artistici Comunicanti perché non hanno una forma fissa e conclusa, ma sono composti da un “Tessuto- Trama-Cosmica” in continua evoluzione, dove tutto è in uno stato di cambiamento: reazioni chimiche, fermentazioni, alterazioni cromatiche e degrado. Questo nome rafforza l’idea che l’arte sia un processo strettamente legato alla vita come materia prima e coinvolga una natura interpretativa attiva e inclusiva tra artisti e partecipanti.
Da queste e molte altre esperienze sperimentali e osservative, è nato il LIBRO intitolato “Corpus et Vulnus: omaggio ai maestri Tàpies, Kiefer, Parmiggiani”.
Le idee presentate nel libro sono state poi trasformate in opere creative durante una RESIDENZA ARTISTICA unica e irripetibile che abbiamo organizzato presso l’ex-carcere Pontificio di Velletri, un luogo di oltre mille metri quadri costruito nel 1861 dalla famiglia Romani. Durante i sei mesi di residenza, ho collaborato con un gruppo di studenti e tecnici di pittura e scultura dell’Accademia di Belle Arti di Roma, nonché insegnanti e professionisti del cinema, della danza, della musica e della fotografia. Insieme, abbiamo esplorato questo spazio in stato di ibernazione da circa trent’anni.
Abbiamo dedicato questi mesi per ideare e realizzare uno “spazio intellettuale” profondo, articolato, critico, fragile, necessario. Attraverso prospettive insolite guidate dal concetto di transdisciplinarità, abbiamo praticato una vita relazionale inclusiva e aperta in cui fosse possibile esplorare e svelare la natura dei molteplici legami tra questioni isolate, in uno spazio in cui le questioni sono rivisitate, le alternative riconsiderate e le interrelazioni rivelate. (UNESCO – Divisione di Filosofia ed Etica, 1998).
Il risultato finale è stato la nascita del MOVIMENTO VulnerarTe, la realizzazione del CORTOMETRAGGIO “Vulnerare” e la PRATICA PERFORMATIVA TRANSDISCIPLINARE “iosonovulnerabile”. Queste attività, intrecciate tra loro, racchiudono l’anima di un’esperienza immersiva a carattere site- coexistence, che stiamo presentando a studenti e al pubblico presso lo stesso ex-carcere Pontificio di Velletri.
Ma c’è di più. La struttura che ci ha ospitato è stata per molti anni di proprietà dello Stato. Oggi è uno tra i sette milioni di edifici abbandonati in Italia. Sono state avanzate diverse proposte per la sua riconversione a scopi diversi, come appartamenti o un centro commerciale. Non conosciamo molti dettagli della sua storia burocratica, ma la domanda su come riqualificarlo ha afflitto le ultime tre amministrazioni comunali, desiderose di recuperare l’edificio in modo utile. Grazie a una spesa di 1,3 milioni di euro, l’ex carcere è stato preservato da qualsiasi speculazione edilizia ed è ora di proprietà del Comune di Velletri.
Per una delle molte sincronie accidentali che segnano il nostro cammino, il progetto presentato in queste pagine rappresenta l’ultima esperienza e testimonianza viva dell’edificio nello stato in cui è giunto ai nostri occhi, conservando la memoria e le tracce originali della sua storia che abbraccia due secoli. Il libro, la residenza artistica, il cortometraggio, la pratica performativa transdisciplinare e gli scatti fotografici di tutto il processo di residenza, insieme alle testimonianze dei protagonisti, costituiscono l’ultima documentazione utile prima della ristrutturazione architettonica e del cambiamento di destinazione e uso della ottocentesca struttura, prevista nei prossimi mesi.